Palazzo Ridolfi - DaLisca

Datato 1545, viene tradizionalmente attribuito a Bernardino Brugnoli, (1538–1585), architetto, ingegnere, cartografo ed idraulico veronese, nipote dell’architetto Michele Sammicheli, la cui impronta rimane nelle opere del nipote e del quale, Bernardino, prosegue alcune opere rimaste incompiute (Chiesa di Madonna di Campagna, cupola e campanile di San Giorgio in Braida , campanile del Duomo). 

Il palazzo venne in seguito modificato con la costruzione del secondo piano, voluta dai Da Lisca, e con l’ampliamento, nel XIX sec., dell’ala, dove sono attualmente collocate le palestre, che forse ricoprì il giardino.

Nella primavera del 1797 nel palazzo si riunì il Consiglio di guerra francese che condannò alla fucilazione a Porta Nuova, i martiri delle Pasque Veronesi.

Distrutto da razzi incendiari nella notte del 23 febbraio 1945 (II guerra mondiale), si salvò il salone centrale affrescato da Domenico Riccio detto il Brusasorzi (Verona 1514? – 1567).
Attualmente il palazzo appartiene alla Provincia di Verona, che nel 1952 ricostruì l’edificio e v’insediò il Liceo Scientifico Statale “Angelo Messedaglia”.
A livello del marciapiedi di Stradone Maffei, è murata una lapide in latino del 1819 che segna la scoperta del canale di scolo delle acque piovane costruito dai Romani tra l’Arena e l’Adige.

Il portale centrale, con lo stemma Da Lisca, scolpito dopo il 1890, è inquadrato da due colonne che sostengono un timpano insolitamente spezzato, per l’inserzione del bassorilievo "Il ratto d‘Europa", sormontato da un cartiglio con iscrizione in caratteri greci.

All'interno del palazzo si trova lo splendido salone - adibito ad Aula Magna del Liceo - affrescato dal già citato Domenico Brusasorzi, (1565c), alla cui bottega apprese l’arte anche Paolo Veronese. Già allievo di Giovan Francesco e Giovanni Caroto, Domenico andò anche a Venezia per apprendere l’arte da Giorgione e da Tiziano, non trascurando Raffaello.

Nel 1950, nell'ambito del ripristino post-bellico, il salone, il cui soffitto era stato distrutto, fu ricoperto da due soffitti carenati in legno del tardo Quattrocento, prelevati da casa Scopoli, in vicolo B.go Tascherio.
Il salone è decorato da un fregio pittorico di 40 metri: su tre lati si sviluppa la "Cavalcata di Carlo V e di Clemente VII", mentre nella parete di fondo, interrotta da un solenne camino, si dispongono scene di genere.

La celebre "Cavalcata" si svolse in Bologna il 24 febbraio 1530 in occasione dell'incoronazione di Carlo V ad imperatore e re d'Italia da parte di Clemente VII, che consentì il ritorno, anche se effimero, della pace in Italia e in Europa dopo la guerra della Lega Santa o di Cognac tra Carlo V e la Francia.
Il tema del fregio non è nuovo ma l’affresco del Brusasorzi fu lodato, anche da Giorgio Vasari.
A Verona riscosse un gran successo e fu largamente imitato nel tardo Cinquecento, 

poiché il Brusasorzi compì una scrupolosa preparazione documentaria per rappresentare l’evento con verosimiglianza, che si nota soprattutto nel fasto e nella ricchezza dei particolari. Sul lato corto, tra le finestre, è presente un gran camino con la cappa decorata a stucchi. Tra volute e cartigli compare una Venere affiancata da due Amorini attribuita a Bartolomeo Ridolfi, decoratore e stuccatore di fama, che collaborò con Paolo Veronese e Andrea Palladio.
Leonardo Ricci e Giuseppe Gerola, in una ricerca storica edita in Trento, dalla Società Tipografica Trentina nel 1901, descrivono così i fatti storici immortalati nell'affresco.

Ultima revisione il 22-02-2023